Covid, l’agroalimentare perde 34 miliardi di spesa extra domestica
Secondo un rapporto Ismea, le stime per il 2020 segnalano un parziale recupero di 10 miliardi di euro per i consumi in casa, ma la perdita complessiva sarà del 10% nel bilancio di fine anno.
Quanto ha pesato il lockdown sul fatturato del food & beverage? Ma soprattutto, cosa ha significato per le imprese del settore agroalimentare italiane il fermo Horeca (hotel, ristoranti, bar e catering) nel pieno dell’emergenza coronavirus, sempre valutato in termini di riduzione del giro d’affari?
A fare il punto della situazione è l’Ismea, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, vigilato dal Ministero delle politiche agricole, che in un rapporto, il terzo sull’emergenza Covid-19 stima per l’intera annata 2020 una perdita di 34 miliardi di euro di spesa extradomestica, compensata solo parzialmente da 10 miliardi di recupero realizzato attraverso il canale in-door (grande distribuzione, piccolo dettaglio, e-commerce).
Partiamo dalla ristorazione, comparto che coinvolge in Italia oltre 285.000 imprese e un organico costituito da più di 1,2 milioni di addetti. I dati dicono che, nel 2019, per la consumazione di pasti al ristorante, gli italiani hanno staccato un assegno di 86 miliardi di euro, con un incremento sull’anno precedente dell’1,6%.
Aggiungendo i 165 miliardi circa certificati dall’Istat come spesa alimentare domestica, considerando anche il segmento delle bevande alcoliche, il conto totale ammonta a 250 miliardi abbondanti, valore che attribuisce un peso al “fuori casa” del 34%, contro il 66% del circuito domestico.
Lo scenario, basato su una flessione del fatturato Horeca del 93% nel bimestre marzo-aprile e in perdite più moderate nella fase post-Covid, porta ai 34 miliardi citati di perdita extra-door nella proiezione di fine anno.
I consumi domestici, dopo lo sprint registrato in pieno lockdown, per l’effetto-dispensa che ha spinto le famiglie ad approvvigionarsi soprattutto di generi alimentari di prima necessità, dovrebbero archiviare a fine anno un aumento del 6%, portandosi a 175 miliardi. Sulla base di queste ipotesi, l’impatto complessivo sul settore sarebbe del meno 10%, corrispondente a una perdita in valore assoluto di circa 24 miliardi di euro.
Sussistono, ovviamente, altri fattori che potrebbero ulteriormente aggravare questo scenario, primo fra tutti l’impatto della crisi economica (è la più acuta dal Dopoguerra ad oggi) sulla capacità di spesa delle famiglie e sull’export. Si consideri, al riguardo, che le proiezioni sulla dinamica del Pil in Italia portano, attualmente, a valutare una perdita nel 2020 dell’8,3% secondo l’Istat, che sale all’11,3% per l’Ocse, con punte del meno 14% nell’ipotesi di uno scenario particolarmente avverso. A livello globale la Banca Mondiale stima una recessione senza precedenti, in tempi di pace, con una contrazione del 5,2% su base annua.
Nel frattempo, mentre le riaperture – scrive l’Ismea – stanno consentendo ai canali della ristorazione extradomestica di riorganizzarsi, pur nei limiti del rispetto delle norme sanitarie, le vendite al dettaglio mantengono un ritmo sostenuto anche nel mese di maggio. Le ultime rilevazioni, riferite alla settimana centrale del mese, confermano un incremento a due cifre della spesa delle famiglie italiane per gli alimenti confezionati, con un più 11% su base annua.
In questo contesto, il comparto ortofrutticolo è interessato da un fenomeno inflazionistico piuttosto accentuato, motivato da un pessimo bilancio dei raccolti 2020, a causa delle gelate primaverili, e da un conseguente forte sbilanciamento tra domanda e offerta.
Al contrario, per i lattiero-caseari la situazione permane critica, con la conferma della pesante erosione dei listini dei formaggi grana, seppure con qualche timido recupero per i prezzi del latte crudo alla stalla, confermato dall’andamento delle contrattazioni sul mercato spot.
Nel comparto vinicolo, la ripresa delle attività nella ristorazione, con le molte restrizioni previste dalle norme anti-contagio, non è apparsa ancora in grado di restituire tonicità alla domanda finale. Le esportazioni, stando per lo meno al bilancio del primo trimestre 2020, mostrano progressi del 6% a volume e del 5% in valuta, se rapportate allo stesso periodo dell’anno scorso, ma il rischio di una frenata a partire dal secondo trimestre è piuttosto elevato, a detta degli esperti, che temono adesso ricadute sul circuito europeo e nordamericano.