25 Novembre

Corrono in Usa le esportazioni di vini europei

Rimbalzo tecnico (+50%) per le etichette francesi, dopo la sospensione dei dazi di Washington. Avanti tutta anche per vini e spumanti italiani, con ottime prospettive per il segmento “premium”.

 

È boom di ordinativi in Usa di vini europei. Ma a presidiare il mercato a stelle e strisce sono anche le cantine del Nuovo Mondo, con la Nuova Zelanda, in particolare, che ha saputo ritagliarsi oltre Atlantico un ruolo di alta classifica nel club dei paesi fornitori.

 

Dai dati dell’US Census Bureau, aggiornati a settembre, emerge dal dato cumulato di tre trimestri una crescita a due cifre sia per le etichette italiane, che mantengono il primato per volumi, sia per quelle francesi, che stanno facendo di nuovo il pieno di incassi.

 

Quello d’Oltralpe è un rimbalzo che gli esperti definiscono di natura tecnica, dovuto al confronto con un 2020 che aveva pesantemente penalizzato le esportazioni di vini francesi in Usa, per via dei dazi imposti dalla precedente amministrazione Trump a seguito della diatriba Usa-UE sugli aiuti all’industria aeronautica.

 

Dalla mannaia delle tasse doganali era sfuggita solo l’Italia che l’anno scorso aveva archiviato un fatturato in Usa, con le vendite di vini e spumanti, di oltre 1,9 miliardi di dollari, un valore superiore agli 1,7 miliardi incassati negli ultimi dodici mesi dalle cantine francesi.

 

Su base annua il 2020 aveva chiuso con un lieve calo per l’Italia (-1,2%), ma con un meno 18% per Parigi. Anche la Spagna quinto fornitore, preceduto da Nuova Zelanda e Australia, aveva sperimentato l’anno scorso una flessione piuttosto netta, dell’11,5%, anche questa motivata dall’inasprimento dei dazi di Washington.

 

Le condizioni operative, dopo la tregua concordata dalla nuova Amministrazione Biden con i Paesi dell’UE, scelta che ha comportato la sospensione degli aggravi tariffari, ha cambiato drasticamente la dinamica delle esportazioni europee. Si consideri che la sola Francia, che per fatturato si è ripresa la leadership, superando di nuovo l’Italia, ha realizzato in nove mesi esportazioni per un controvalore di quasi 1,9 miliardi di dollari, in crescita del 50% rispetto al gennaio-settembre 2020.

 

Bene anche le cantine italiane che nello stesso periodo hanno incassato negli Usa un assegno di oltre 1,7 miliardi di dollari, in crescita del 22% su base annua.

 

La Spagna, con più di 300 milioni di esportazioni, ha chiuso i tre trimestri in esame con un robusto più 34%, un rimbalzo che ha portato dal quinto al quarto posto Madrid, il cui valore delle esportazioni vinicole ha superato quest’anno quello delle cantine australiane.

 

In questo contesto di forte vivacità per l’export “Made in EU” la Nuova Zelanda ha saputo difendere e anche consolidare la sua presenza, incrementando dell’1% il fatturato nel mercato yenkee (in nove mesi le esportazioni hanno generato un assegno di 375 milioni di dollari). L’Australia, al contrario, ha perso in Usa il 10% degli incassi di un anno fa, con il giro d’affari sceso a 208 milioni.

 

Da rilevare che gli aumenti a doppia cifra dei tre maggiori produttori ed esportatori europei hanno riguardato quest’anno anche le movimentazioni quantitative, con l’Italia in questo caso cresciuta del 16% e Francia e Spagna in progressione rispettivamente del 27 e del 26 per cento su base annua.

 

Il Nuovo Mondo, se si guarda ai due competitor oceanici, ha ridotto al contrario le spedizioni quantitative, cresciute invece per le cantine argentine, cilene e soprattutto sudafricane.

 

Tornando all’Italia, quello degli Usa è il mercato in assoluto più redditizio. Con l’emergenza sanitaria e il graduale affinamento dei gusti da parte dei consumatori, fenomeno che è andato di pari passo con la maggiore diffusione della cultura enologica, si è assistito, oltre Atlantico, a un upgrade qualitativo dei vini importati che sta dando un forte impulso, come evidenziato dai dati, anche ai prodotti tricolore.

 

Analizzando gli acquisti per fasce di prezzo – spiega Wine Monitor l’osservatorio di Nomisma – si evince che i vini “premium”, etichette vendute oltre la soglia dei 20 dollari la bottiglia, mostrano oggi i tassi di crescita più sostenuti.

 

Si tratta di vini di pregio, ben posizionati anche nella ristorazione. Un canale, quello extra domestico, che sta dando un considerevole contributo alla ripartenza del settore, sia pure in un contesto non ancora paragonabile a quello precedente alla pandemia.

 

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