Come si è modificata la redditività delle aziende agroalimentari italiane
Il punto di partenza
La redditività nel settore agroalimentare italiano non brilla certo per valori elevati. Sebbene non si debba fare di tutta l’erba un fascio ma considerare ogni singolo comparto produttivo per le proprie specificità di mercato, nell’ultimo decennio il trend della redditività delle aziende agricole italiane è spesso risultato inferiore a quello medio europeo. Complice l’elevata polverizzazione aziendale, la ridotta concentrazione produttiva e un’organizzazione commerciale che per molti prodotti agricoli è ancora lacunosa nella gran parte delle imprese, queste criticità finiscono con il pesare in maniera rilevante sui costi delle aziende e, di riflesso, sulle relative marginalità.
I valori della filiera
Basti pensare che ogni 100 euro di valore dei consumi alimentari in Italia, solamente 3 rappresentano l’utile della filiera che deve poi essere ripartito tra tutti gli attori produttivi e distributivi.
Questo perché oltre un terzo del valore “esce” dalla filiera per andare a remunerare quelle imprese (di trasporti, packaging, ecc.) che per qualche ragione sopperiscono alle difficoltà organizzative che i produttori agroalimentari hanno nel portare il proprio prodotto fino al consumatore (e quindi al mercato finale di vendita).
Anche dall’analisi sui bilanci delle imprese agroalimentari italiane emerge un risultato simile. Prendendo a riferimento i conti economici del triennio 2012-2014 delle imprese alimentari costituite in forma di società di capitale, si evince come il ROS (marginalità delle vendite) sia inferiore al 5%, con punte vicine al 6% solamente nel caso del comparto dolciario (dove esiste una presenza di imprese più strutturate), mentre al contrario la filiera delle carni si distingue per i limitati livelli di marginalità (appena il 2%).
Tra il 2012 e il 2014 la redditività del capitale proprio (ROE) aumenta invece dal 4,4% al 4,9% per il totale agroalimentare italiano.
Le differenze per comparto
Non tutti i settori mostrano uno stesso andamento: mentre per le filiere ortofrutticole e delle carni si registrano forti cali nel 2013 (con valori addirittura negativi per le carni) per poi migliorare nel 2014, i comparti lattiero-caseario e dolciario denotano una lieve diminuzione della redditività nel triennio. Unico comparto in controtendenza è quello vitivinicolo che ha visto crescere la remunerazione del capitale proprio, pur attestandosi su valori mediamente bassi (2,6% nel 2014).
Complessivamente, l’incidenza di aziende agroalimentari in perdita sul totale nazionale è pari a circa un terzo. Al di là delle specificità di filiera, il fenomeno è espresso principalmente dalla sofferenza delle microimprese (quelle con fatturato inferiore ai 2 milioni di euro), il cluster con più aziende in perdita ma anche quello rappresentativo del tessuto economico italiano.
(© Osservatorio AGR)