Come cambia il “vigneto Italia”, tra nuove autorizzazioni e trend di mercato
Il nuovo sistema delle autorizzazioni ha portato il vigneto Italia a crescere nuovamente
Con il regolamento n. 1308 del 2013, l’Unione europea ha rivisto il sistema dei diritti d’impianto viticoli, sostituendolo – a partire dal 1 gennaio 2016 – con il nuovo sistema delle “autorizzazioni”. Tale nuovo regime prevede il rilascio gratuito, previa richiesta, di autorizzazioni all’impianto di nuovi vigneti nel limite massimo annuo dell’1% della superficie vitata nazionale.
Per il 2016 la superficie messa a disposizione per le richieste di nuovi impianti è stata pari a 6.376 ettari, mentre per il 2017 si è arrivati a 6.662 ettari in considerazione dell’aumento registrato nelle superfici coltivate a vite l’anno precedente.
Dopo anni di calo continuo, con il nuovo sistema delle autorizzazioni si è quindi invertita la tendenza con un incremento del vigneto Italia, tanto che le richieste nei primi due anni di operatività del nuovo sistema sono state notevolmente superiori alle disponibilità. Si pensi infatti che, dopo l’overbooking dell’anno scorso (quando si arrivò a richiedere 66mila ettari di nuovi impianti), le domande per il 2017 sono state 25 volte superiori alla superficie disponibile, con il dato record di quasi 165mila ettari richiesti. Secondo i dati del Mipaaf, in ben 17 regioni, si sono registrate richieste che hanno superato di almeno 3 volte il plafond regionale, con Veneto, Friuli Venezia Giulia e Puglia in testa, seguiti da Sicilia, Emilia Romagna e Toscana.
Il mercato orienta le produzioni
Il fatto che siano state le imprese del Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Puglia ad aver presentato il maggior numero di richieste per nuovi impianti non sorprende affatto. Negli ultimi anni, a fronte di un mercato nazionale strutturalmente in calo, sono stati proprio i produttori di queste regioni a mostrare i tassi di crescita più alti sul versante delle esportazioni. Nel 2016, a fronte di un aumento dell’export di vino italiano di circa il 4% rispetto all’anno precedente, Veneto e Friuli Venezia Giulia hanno messo a segno un +9%, mentre la Puglia ha registrato addirittura un +26%. Artefice principale di queste performance il Prosecco che, prodotto sia in Veneto che in Friuli, ha visto crescere il proprio export di oltre il 30%.
In Veneto la redditività delle imprese vinicole è mediamente più alta
I risultati raggiunti nel mercato estero hanno avuto un impatto positivo anche sul fronte della redditività – e quindi della sostenibilità economica – delle imprese vitivinicole regionali. Secondo un’analisi svolta da Wine Monitor sui bilanci di un campione di oltre 1.200 imprese vinicole (escluse quelle cooperative) è emerso come i valori più alti di redditività (misurati in termini di ROI e di ROE) siano attribuibili alle aziende venete, rispettivamente con indici pari a 8,2% e 8,3%, contro una media italiana che si ferma a 4,2% e 4%. Vale la pena ricordare come il ROI (Return on Investment) misuri la redditività del capitale investito in azienda che sia proprio o preso a prestito (e quindi quando tale indice è superiore al costo medio del denaro sta ad indicare che conviene indebitarsi pur di investire nell’attività), mentre nel caso del ROE (Return on Equity), la marginalità viene espressa sul capitale proprio. Valori superiori alla media nazionale per entrambi gli indici riguardano anche la Toscana, sebbene tali rapporti siano pari a poco più della metà di quelli collegati alle imprese venete.
Gli impatti sul vigneto
Infine, è indubbio che le performance economiche influiscano sugli investimenti in vigneto e, di conseguenza, sulla richiesta di nuove autorizzazioni. Il cerchio si chiude andando così a considerare quanto accaduto ai primi 10 vitigni coltivati in Italia dal punto di vista delle superfici investite nel corso degli ultimi cinque anni. Si scopre infatti che tra il 2010 e il 2015, gli ettari a Glera (vitigno da cui si ricavano le uve atte a divenire Prosecco) e quelli a Pinot Grigio sono aumentati di oltre il 40%, mentre al contrario quelli a Sangiovese e Montepulciano sono calati di oltre il 20%. Sono altresì diminuite le superfici a Merlot (-16%) e a Barbera (-10%) mentre sono cresciuti quelle a Negramaro (+53%), vitigno principalmente coltivato – guarda un po’ – in Puglia (figura 1).
Figura 1 – Le variazioni intervenute nei primi 10 vitigni coltivati in Italia (ettari)
Regioni | 2010
(ha) |
2015
(ha) |
Variaz 15/10
(%) |
Sangiovese | 71.619 | 53.865 | -24,8% |
Catarratto | 34.794 | 32.222 | -7,4% |
Montepulciano | 34.824 | 27.434 | -21,2% |
Glera | 18.255 | 26.571 | 45,6% |
Pinot Grigio | 17.281 | 24.501 | 41,8% |
Merlot | 28.042 | 23.631 | -15,7% |
Trebbiano toscano | 22.702 | 21.321 | -6,1% |
Chardonnay | 19.709 | 20.056 | 1,8% |
Barbera | 20.524 | 18.431 | -10,2% |
Negramaro | 11.460 | 17.504 | 52,7% |
Fonte: elaborazioni su dati Commissione Europea.
(© Osservatorio AGR)