1 Giugno
approfondimenti

Cina più vicina? Le opportunità per il food italiano con le nuove “vie della seta”

Il progetto “Belt and Road Initiative”

L’iniziativa del Forum sulla cooperazione internazionale Belt and Road, organizzata dalla Cina il 14 e 15 maggio, rappresenta fondamentalmente la risposta di Xi Jinping alle (poco) velate minacce di un ritorno al protezionismo sbandierate da Trump. La Cina infatti si candida, sulla base di quanto già annunciato lo scorso 17 gennaio a Davos, a diventare paradossalmente l’alfiere del commercio multilaterale, ribaltando di fatto quei ruoli che da sempre hanno messo uno di fronte all’altro Stati Uniti e Cina. E per far capire che non si tratta di una mera dichiarazione politica, Xi Jinping ha promesso finanziamenti per 780 miliardi di yuan (113 miliardi di dollari) per realizzare questo progetto.

 

Le nuove “vie della seta”

L’iniziativa punta ad integrare l’Asia e l’Europa costruendo sei corridoi di trasporto via terra e via mare, attraverso i quali circoleranno merci, tecnologie, cultura. La Cina intende promuovere il progetto attraverso le relazioni bilaterali e gli organismi internazionali multilaterali già esistenti, con l’obiettivo di collegare la Cina all’Asia Meridionale e Centrale, alla Russia, all’Africa e all’Europa, aprendo nuovi canali via terra e via mare, migliorando la connettività attraverso la costruzione di infrastrutture, ferrovie e porti.

 

Il ruolo della Cina nel commercio internazionale

La crescita che la Cina ha registrato nel commercio internazionale spiega questa volontà politica ed economica di salvaguardare e sviluppare il multilateralismo. Dall’entrata nel WTO (2001), l’export cinese è cresciuto del 545%, arrivando oggi a pesare per il 13% sul valore globale delle esportazioni per un corrispettivo di 1.915 miliardi di euro. Anche sul versante delle importazioni non si può certo dire che la Cina si sia risparmiata: +428%, arrivando a 1.436 miliardi di euro. Ma a differenza degli Stati Uniti, il saldo della propria bilancia commerciale è notevolmente migliorato. Se nel 2001 la Cina vantava un surplus di “appena” 25 miliardi di euro, nel 2016 tale avanzo è arrivato a 479 miliardi. Al contrario, gli Stati Uniti, perennemente in deficit, hanno peggiorato i conti della propria bilancia commerciale passando da -501 miliardi di euro del 2001 a -720 miliardi nel 2016.

 

Quali opportunità per l’agroalimentare italiano?

Al Forum di Pechino era presente anche il Premier italiano, Paolo Gentiloni a testimonianza di come la partita sia importante e riguardi soprattutto investimenti infrastrutturali, in particolare per il sistema dei porti italiani. Ma è indubbio che lo sviluppo e il rafforzamento di queste rotte potrebbero portare vantaggi anche alle imprese agroalimentari che oggi si trovano invece ad “arrancare” nel mercato cinese. Basti infatti pensare che dei quasi 38,4 miliardi di export di food and beverage dall’Italia, meno dell’1% finisce in Cina. E, si pensi un po’, rispetto al 2001 tale valore è cresciuto del 2.792%!

 

I principali competitor nel F&B in Cina

Nel 2016, la Cina ha importato prodotti agroalimentari per circa 92 miliardi di euro, a fronte di un export di circa 64 miliardi. Rispetto all’anno di ingresso nel WTO, anche per questa tipologia di prodotti, gli scambi sono aumentati in maniera rilevante (Figura 1).

 

Figura 1 – Import-Export di prodotti agroalimentari in/dalla Cina (Miliardi di euro)

cina

Fonte: elaborazioni su dati Uncomtrade.

 

Nel mercato agroalimentare cinese, a farla da padroni sono gli statunitensi: l’import dagli USA pesa per il 22% sugli acquisti esteri cinesi di prodotti agroalimentari. In particolare, gli americani sono i primi fornitori della Cina per derrate agricole come soia e altri semi oleosi, cereali e carni. La stessa cosa accade per Brasile e Canada, gli altri top exporter di derrate agroalimentari in questo grande mercato. Nella classifica, l’Italia si posiziona solo al ventottesimo posto.

 

Il vino è il prodotto italiano più esportato in Cina

Nel paniere di prodotti agroalimentari importati dall’Italia, il vino rappresenta quello più acquistato: circa 120 milioni di euro su un totale di 475 milioni (pari al 25%). Seguono cioccolata (18%), pasta e prodotti da forno (11%), oli vegetali (7%), frutta (6,5%) e formaggi (6%). Anche per il nostro prodotto di punta si sono registrati forti incrementi. Se si guarda al valore del vino italiano importato dai cinesi appena dieci anni fa, si scopre che nel 2016 tali acquisti sono più che decuplicati. Tuttavia, questo sviluppo esponenziale non è bastato a scalzare dal podio il leader di settore – la Francia – che dall’alto dei suoi 900 milioni di euro di vino importato regna incontrastato nel mercato cinese, grazie a strategie commerciali e di presidio diretto che affondano le proprie origini a più di trenta anni fa. A differenza di quelle dei nostri produttori che solo da pochi anni hanno capito le enormi potenzialità di questo mercato (il primo al mondo per consumo di vini rossi), ma che ancora oggi faticano a comprendere le modalità e le strategie di ingresso più idonee.

 

(© Osservatorio AGR)

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