17 Dicembre

Cibo e vini di qualità sfiorano 17 miliardi di valore alla produzione

Rapporto Ismea-Qualivita. Confermato il trend positivo del fatturato di dop-igp nel 2019 (+4,2%), ma il blocco della ristorazione e il crollo dei flussi turistici per l’emergenza Covid peggiorano i risultati 2020.

 

Un giro d’affari alla produzione di 16,9 miliardi di euro, corrispondenti al 19% del fatturato complessivo dell’agroalimentare italiano.

 

A tanto ammonta il valore della “dopeconomy”, comparto che l’anno scorso ha messo a segno una crescita del 4,2%. Tra denominazioni d’origine e indicazioni geografiche protette il segmento rivela la sua forza anche all’estero, esprimendo oltre confine un fatturato di 9,5 miliardi di euro, cresciuto anno su anno del 5,1% e rappresentativo del 21% delle esportazioni nazionali di settore.

 

A fornire un quadro aggiornato sul sistema delle produzioni agroalimentari di qualità tutelate dai marchi comunitari è il XVIII Rapporto Ismea-Qualivita, che certifica, nella fotografia del 2019, la solidità di un sistema capace di promuovere, con le sue eccellenze, lo sviluppo nell’intero territorio italiano, grazie al lavoro di oltre 180.000 operatori e l’impegno di 285 Consorzi di tutela.

 

È andata bene, dunque, negli ultimi dodici mesi, dopo la dinamica già positiva del 2018, ma il quadro attuale, dopo la prima ondata di contagi da Covid-19 e nel pieno della seconda, lascia un’eredità negativa anche nell’agroalimentare di qualità, comparto che sembra avere accusato l’impatto dell’emergenza più di altri prodotti del food & beverage.

 

Hanno pesato soprattutto il blocco della ristorazione e il crollo dei flussi turistici.

 

Nel solo settore vinicolo dop e igp – spiega il Rapporto – si stima per tutto il 2020 una perdita nel canale extra door di oltre un miliardo di euro, a cui si somma un mancato incasso di 200 milioni da export. Il Covid ha mandato in fumo anche un miliardo e mezzo di fatturato legato all’enoturismo, in stand by da diversi mesi.

 

Ma il conto è salato anche per formaggi e salumi del circuito di pregio, con un primo bilancio che quantifica le perdite, tra mancati incassi Horeca e minori vendite all’estero, rispettivamente di 300 e di 150 milioni di euro.

 

Quello che l’emergenza sanitaria non ha potuto fermare è la macchina dei riconoscimenti. Nel setaccio di Bruxelles sono passati, superando gli esami, altri 14 prodotti italiani, mentre nella lista europea delle dop e igp sono entrati, nel 2020, 46 nuove produzioni appartenenti a 12 paesi.

 

Per la Ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova, che ha partecipato alla videoconferenza di presentazione del Rapporto, il sistema delle indicazioni geografiche è uno straordinario volano di crescita, teso a valorizzare territori, ambiente, occupazione e sviluppo economico. La priorità – ha aggiunto – è potenziare l’export, ampliando le rotte commerciali e contrastando le imitazioni e i furti di identità all’estero.

 

Tornando ai dati, il focus sui consumi in Italia suggella il successo delle dop e igp nella grande distribuzione organizzata, con il 2,9% di crescita nel 2019. Considerando le sole vendite a peso fisso, si rileva un incremento del 4,6%, una dinamica molto più sostenuta rispetto a quella del totale agroalimentare (+2,1%).

 

Nel primo semestre 2020 l’emergenza Covid-19 ha dato un forte impulso alle vendite di reparto, accelerando al più 8% la crescita annua e al 12% quella delle dop-igp a peso fisso, segmento in cui assumono un ruolo prevalente vini, formaggi e salumi.

 

La “dopeconomy” analizzata a livello territoriale assegna il primato alle regioni del Nord, dove si concentra il 65% del valore della produzione.

 

Sul gradino più alto del podio c’è il Veneto, seguito da Emilia Romagna e Lombardia. La classifica attribuisce la quarta posizione al Piemonte, davanti a Toscana e Friuli-Venezia Giulia.

 

A chiudere in positivo il 2019 sono state ben 17 regioni su 20. Particolarmente dinamiche la Lombardia, con un incremento superiore ai 200 milioni di euro in soli dodici mesi, e l’Emilia-Romagna, con oltre 100 milioni di progressione. Bene anche Piemonte e Campania, grazie a incrementi annuali rispettivamente di 90 e 82 milioni di euro.

 

Le regioni del Mezzogiorno hanno avuto un ruolo altrettanto significativo, contribuendo alla crescita del settore. Questa evidenza – spiega il Rapporto – conferma un’evoluzione che va oltre le grandi filiere, coinvolgendo anche i prodotti del Mezzogiorno (più di 300), rappresentativi di circa il 15% del valore complessivo nazionale del circuito tutelato.

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