Cambiamenti climatici, c’è anche l’Italia nelle mappe del rischio
Nuovi scenari e rischi per l’agricoltura. Secondo uno studio dell’Agenzia europea dell’ambiente le mutate condizioni meteorologiche hanno già causato perdite economiche considerevoli a carico delle aziende agricole. Ipcc: livelli più alti di diossido di carbonio potranno pregiudicare anche le qualità nutritive dei raccolti.
Un peggioramento delle prospettive di resa, ma anche crescenti fenomeni di abbandono per problemi di tenuta della redditività. L’impatto dei cambiamenti climatici rappresenta una seria minaccia per la sostenibilità di allevamenti e aziende agricole, soprattutto nella fascia sud dell’Europa e in tutto il bacino del Mediterraneo.
A denunciare i rischi di implicazioni per il settore primario è un rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente (Eea), pubblicato nei giorni scorsi. Secondo lo studio, l’adattamento ai cambiamenti climatici dovrà costituire una priorità assoluta per il settore agricolo dell’Unione europea se si vorrà migliorare la resilienza delle aziende a eventi estremi quali siccità, ondate di calore e inondazioni.
Le mutate condizioni meteorologiche, comprese i recenti innalzamenti delle temperature ben oltre le medie stagionali e i prolungati periodi di secca registrati in diverse aree dell’Ue, hanno già comportato perdite economiche considerevoli a carico delle aziende e del settore agricolo in generale. I cambiamenti climatici potranno anche determinare alcuni vantaggi – spiegano gli esperti – prolungando le stagioni o favorendo in taluni casi lo sviluppo delle colture. Ma questi effetti saranno comunque più che bilanciati dalle ricadute negative correlate alla gravità degli eventi atmosferici, via via più estremi, e alla conseguente severità degli impatti in termini di danni alle coltivazioni.
La strategia di adattamento ai cambiamenti climatici non potrà peraltro prescindere, da qui ai prossimi anni, dallo sviluppo delle conoscenze e dell’innovazione, anche attraverso un più ampio ricorso all’agricoltura di precisione, obiettivi che la politica agricola comune (Pac) post 2020 dovrà porsi come prioritari.
Sul versante economico, si tratterà di valutare l’opportunità di potenziare o ampliare con la nuova Pac gli attuali strumenti di gestione del rischio, ad iniziare dalle polizze assicurative, che in Italia muovono volumi significativi, per valori e aziende coinvolte, ben superiori alla media europea. Strumento che necessita tuttavia di una più ampia diffusione, prerogativa a garanzia di una migliore ripartizione dei rischi in ottica mutualistica e di una maggiore sostenibilità del mercato, a beneficio delle aziende assicurate e delle capacità di indennizzo.
Sui rischi del riscaldamento globale è intervenuto recentemente anche l’Ipcc, l’Intergovernmental panel on climate change delle Nazioni Unite, presentando a Ginevra il rapporto «Cambiamenti climatici e territorio».
Siccità ed eventi climatici estremi – spiega lo studio – rappresentano una seria minaccia per la produzione agricola e la sicurezza alimentare su scala globale. Livelli più alti di diossido di carbonio (CO2) potranno inoltre pregiudicare le qualità nutritive dei raccolti, mentre un futuro con piogge più intense, di carattere alluvionale, aumenta il rischio di erosione e dilavamento dei suoli.
Il Panel intergovernativo mette anche l’accento sul fenomeno delle cosiddette migrazioni climatiche, che nei prossimi decenni potrebbero alimentare un flusso di centinaia di milioni di individui in fuga dai territori di origine, nell’ipotesi di un innalzamento delle temperature medie di 2 gradi centigradi.
L’Italia non è esente da rischi, anzi nel contesto europeo è tra i Paesi più esposti all’erosione del suolo. Già nel 2020 la fragilità idrogeologica potrebbe provocare una contrazione della produzione agricola superiore allo 0,5% con una perdita produttiva stimata in 38 milioni di euro rispetto al 2010. I modelli del Joint Research Center dell’Unione Europea e le cartografie del rischio rivelano che le precipitazioni di carattere estremo hanno una più alta probabilità di causare dissesti idrogeologici nelle regioni mediterranee e alpine, piuttosto che nel nord Europa.
Nel dettaglio, gli scenari delineano, nella fascia Sud continentale, un calo dei redditi agricoli fino al 16% entro il 2050, contestuale a un aumento della domanda di acqua per impieghi irrigui dal 4 al 18% rispetto ai livelli attuali.