Boom dell’export agroalimentare, ancora una volta traina il Made in Italy
di Yari Vecchio
L’agroalimentare continua a trainare il Made in Italy sui mercati internazionali, segnando nel primo trimestre del 2017 un incremento annuo dell’8% circa. Solamente nel mese di marzo, rispetto allo stesso periodo del 2016, l’export di prodotti agricoli freschi cresce del 7,9% e quello dei prodotti dell’industria alimentare del 13,3% (dati Istat sul commercio estero). Un risultato notevole, che fa ben sperare per la crescita del settore anche in vista dell’obiettivo dei 50 miliardi di export agroalimentare nel 2020.
I mercati di sbocco più importanti
Il mercato di sbocco più importante per l’agroalimentare italiano è ovviamente quello europeo. La Germania, con il 17,5% di quota di mercato, rappresenta il primo partner commerciale, davanti alla Francia, che acquista il 10,9% dei prodotti agroalimentari del Belpaese. Balzo in avanti per gli Stati Uniti (10%), che rappresentano sempre di più un mercato interessante, anche alla luce delle nuove tendenze e di stili di consumo alimentare che si stanno affermando e in cui il ruolo dei millennials è rilevante.
Soffermandosi proprio sugli USA, il 2016 si era chiuso con 2,9 miliardi di euro di surplus sulla bilancia commerciale per l’Italia (ben 350 milioni di euro in più rispetto al 2015). Il trend sembra essere lo stesso anche per il 2017 e si stima un risultato positivo superiore ai 3 miliardi di euro. L’avvio promette bene, con 24 milioni di euro di surplus in più rispetto al primo trimestre del 2016, dovuto all’aumento dell’export del 4,2% e alla leggera flessione delle importazioni (-0,3%).
Nell’ambito dei prodotti agroalimentari, il comparto che primeggia nelle esportazioni verso gli USA è il vitivinicolo, che rappresenta il 35% dell’export del 2016, a seguire i comparti degli oli e grassi con il 14% e il comparto dei cereali, riso e derivati con il 12%. Insieme valgono oltre il 60%.
Oltre al mercato americano va registrata la brillante performance delle esportazioni verso la Russia: nel primo trimestre dell’anno, l’export agroalimentare Made in Italy verso Mosca è aumentato del 45% nel primo trimestre, superando i 100 milioni di euro e riavvicinandosi ai valori pre-embargo.
La causa? L’aumento delle vendite dei prodotti non inseriti nella black list. L’export di olio di oliva è più che raddoppiato (+107%) e quello vitivinicolo ha superato i 12 milioni di euro, con una crescita del 75%.
Made in Italy agroalimentare: quali prospettive?
Nonostante le buone performance registrate sui mercati esteri, in futuro le vendite di prodotti agroalimentari italiani potrebbero scontare una serie di criticità.
I cambiamenti nella politica internazionale di alcune grandi economie – Stati Uniti in primis e Regno Unito dopo la Brexit – potrebbero tradursi in misure neoprotezionistiche. Per ora si attendono gli effetti degli annunci del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, su accordi commerciali che andrebbero a colpire i prodotti dell’Unione Europea in risposta alla controversia generata dalla mancata importazione di carne dagli USA in Europa (disputa sugli ormoni iniziata con il ricorso al Wto nel 1996).
Il settore agroalimentare è considerato merce di scambio nelle trattative internazionali. Questo viene fatto senza considerare l’impatto che tale mercificazione comporta sul piano economico, occupazionale e ambientale italiano. Altra problematica da tenere sotto alla lente d’ingrandimento, alla luce dell’ottimo andamento sui mercati internazionali che necessiterebbe dunque di un supporto più efficace per la tutela dei prodotti, è l’“agropirateria” internazionale, che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette riferibili all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale.
(© Osservatorio AGR)