23 Settembre

Biologico, crescono in Italia superfici e operatori

I dati illustrati al Sana di Bologna confermano il trend positivo, anche per export e consumi, ma all’estero c’è più dinamismo.

 

Il bio corre, ma non avanza allo stesso ritmo del resto d’Europa. In base ai dati illustrati alla 33esima edizione del Sana, la kermesse bolognese dedicata al settore, le superfici destinate alle coltivazioni biologiche hanno confermato, nel 2020, un trend in ascesa ormai ultradecennale, spingendosi oltre i 2,1 milioni di ettari. Le rilevazioni del Sinab, il sistema qualificato di informazione e monitoraggio del Ministero delle politiche agricole, certificano il 5,1% di crescita sul 2019, ma il numero degli operatori, seppure in ulteriore espansione, ha registrato solo un modesto incremento, dell’1,3%, restando al di sotto delle 82.000 unità.

 

L’Italia mantiene comunque la posizione di testa in Europa per numero di coltivatori biologici (oltre 70.000) e di imprese di trasformazione (più di 10.000).

 

“Il biologico si conferma fondamentale per il rilancio del sistema agroalimentare italiano – commenta Grazia Mammuccini, presidente FederBio – anche se il tasso di crescita della SAU bio si è rivelato inferiore a quello dei maggiori Paesi UE”.

 

Una questione non secondaria, dal momento che in questi giorni si stanno definendo le scelte prioritarie del Piano strategico nazionale della PAC post 2022.

 

Per colmare il gap di crescita con gli altri paesi – prosegue Mammuccini – “è imprescindibile un’immediata approvazione della legge sul biologico per avere a disposizione tutti gli strumenti necessari, a partire dal Piano d’azione, per affrontare le sfide del settore”.

 

Anche le dinamiche di mercato confermano il buono stato di salute del biologico. Secondo i dati dell’Osservatorio Sana, curato dal centro studi Nomisma, nel 2021 (anno terminante a luglio) i consumi interni hanno messo a segno una crescita del 5% su base annua. La spesa delle famiglie italiane si è attestata a 4,6 miliardi di euro, con un indice di penetrazione del 90%, dato che 9 famiglie su 10 hanno acquistato almeno un prodotto biologico negli ultimi dodici mesi. In due lustri i consumi bio sono più che raddoppiati, sperimentando una crescita del 133%.

 

La spesa, per 3,9 miliardi di euro (+4%), è riconducibile al canale domestico, vale a dire alla distribuzione moderna e al piccolo dettaglio tradizionale e specializzato.

 

Al “fuori casa” l’indagine Nomisma attribuisce i restanti 701 milioni di euro, un valore cresciuto del 10%, grazie ai recuperi della ristorazione collettiva e commerciale, dopo il meno 27% di un anno fa.

 

I dati sul peso dei diversi canali assegnano il 56% del fatturato retail alla distribuzione moderna (2,2 miliardi di euro). Un altro 26% (circa un miliardo) è in quota specializzati, segmento che ha messo a segno una crescita dell’8%, contro il più 2% della distribuzione moderna. Significativo anche il ruolo dei negozi di vicinato, mercatini, farmacie, parafarmacie e gruppi di acquisto solidale, che insieme rappresentano il 19% delle vendite. Il giro d’affari in questo caso è cresciuto anno su anno del 5%, superando i 700 milioni di euro. Da rilevare, nell’ambito della distribuzione moderna, l’ottima performance dell’e-commerce, canale che il consumatore italiano ha imparato a conoscere e gestire durante l’esperienza del lockdown. Le vendite bio con questa modalità hanno raggiunto un valore di 75 milioni di euro, facendo segnare una crescita di quasi il 70%.

 

C’è anche il rovescio della medaglia, in un comparto in cui la dinamica della spesa pro-capite avanza, ma solo lentamente, restando a parecchie spanne di distanza da quella di altri paesi europei. Il consumatore italiano spende in media 70 euro l’anno per l’acquisto di prodotti biologici, contro valori di 188 euro in Francia e di 180 euro in Germania.

 

L’Osservatorio Sana ha fornito anche un aggiornamento sull’export, che macina ancora progressi.  Oltre confine, il bio made in Italy muove un giro d’affari di 2,9 miliardi di euro, in crescita dell’11% su base annua. Si tratta di stime (i dati ufficiali ancora non distinguono il biologico dai prodotti convenzionali) desunte da un’indagine panel condotta da Nomisma per Ice e Federbio. Una porzione comunque significativa dell’export agroalimentare italiano, di cui il bio rappresenta il 6%, con un valore che assegna all’Italia il secondo migliore piazzamento nel ranking mondiale, alle spalle solo degli Usa.

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