Anbi, in cantiere progetti irrigui per 11 miliardi di euro
Illustrati all’assemblea annuale dell’Associazione delle bonifiche il Piano nazionale per la manutenzione straordinaria e l’infrastrutturazione di opere per la difesa idrogeologica e la raccolta delle acque.
Si è chiusa all’insegna dell’ottimismo la due giorni di confronti e dibattiti promossa dall’Anbi, l’Associazione nazionale dei consorzi di bonifica e irrigazione, tenutasi in occasione dell’appuntamento annuale dell’assemblea nazionale, organizzata in modalità streaming nel rispetto delle norme anti Covid-19.
A rasserenare gli umori, in un contesto di emergenza climatica associata alla grave siccità che sta colpendo diverse regioni italiane, specialmente del Mezzogiorno, sono state le rassicurazioni sulle possibilità di attingere alle risorse finanziarie provenienti dai fondi Ue e dal bilancio dello Stato, destinate a progetti di difesa e di valorizzazione del suolo, allo sviluppo di invasi e reti irrigue e alla manutenzione di opere e impianti.
Francesco Vincenzi, presidente dell’Anbi, nel suo intervento di apertura, ha ricordato che a tutt’oggi solo il 20% dei provvedimenti del Governo trova una concreta ricaduta sul territorio, in un Paese in cui servono mediamente 11 anni per portare a compimento un’opera pubblica. Basti al riguardo considerare che i grandi investimenti per le infrastrutture idriche del Sud, che necessitano di grossi interventi di manutenzione e ammodernamento, risalgono niente meno che all’epoca della Cassa per il Mezzogiorno.
Il Piano nazionale per la manutenzione straordinaria e l’infrastrutturazione di opere per la difesa idrogeologica e la raccolta delle acque, messo a punto dall’Anbi, rappresenta oggi una grande opportunità, ha spiegato Vincenzi. Con 3.869 progetti, per metà già esecutivi, il Piano muove risorse finanziarie per un totale di 11 miliardi di euro, mentre sul piano occupazionale si stima il coinvolgimento di 54.000 addetti.
Si tratta per lo più opere di manutenzione straordinaria per la difesa idrogeologica. Sono 3.658 i progetti specifici, corrispondenti a un investimento di oltre 8,4 miliardi di euro. La geografia premia le regioni del Nord Italia, che contano oltre 2.000 progetti, contro poco più di 400 del Sud e 1.200 del Centro Italia.
Relativamente agli invasi, sono 90 i bacini interessati a livello nazionale da fenomeni di interrimento, che ne riducono la portata di circa l’11%. Il primato per numero di invasi che necessitano di una manutenzione straordinaria va alle regioni del Mezzogiorno, con un totale di 45, seguite dal Centro Italia a quota 36 e dal Nord con solo 9 bacini interessati da sedimenti. Per ripulirli – stima l’Anbi – serviranno quasi 290 milioni di euro e poco meno di 1.500 addetti. Si aggiungono 66 opere incomplete (42 al Sud) che richiedono investimenti per altri 800 milioni di euro, mentre il restante miliardo d mezzo di investimenti riguarda la realizzazione di bacini di raccolta delle acque, 55 in tutto, di cui 30 al Nord.
Per il ministro delle politiche agricole, Teresa Bellanova, è necessario agire su più fronti, con un quadro organico di interventi strutturali, gestionali e normativi finalizzati a rendere più efficiente l’uso della risorsa idrica.
Si consideri che, in un Paese come l’Italia in cui l’acqua non scarseggia, si riesce a trattenere al suolo solo il 15% dei circa 300 miliardi di metri cubi di pioggia annuali. Quasi 50 anni fa, nel 1971, la Conferenza nazionale sulle acque indicò in almeno 17 miliardi di metri cubi la capacità d’invaso necessaria a rispondere alle esigenze di crescita del Paese nel 1980. Quarant’anni dopo, la potenzialità di raccolta delle 534 dighe italiane è ferma a 11,9 miliardi.
Quanto agli impieghi, il settore che utilizza le maggiori risorse idriche resta l’agricoltura, con circa venti miliardi di metri cubi l’anno, soprattutto nel Nord Italia, per una superficie di 3,3 milioni di ettari. La richiesta d’irrigazione tende tuttavia ad aumentare, per il ripetersi di stagioni secche accompagnate da alte temperature.
Quest’anno i fenomeni siccitosi stanno pesantemente colpendo le aree agricole di Puglia e Basilicata, secondo l’Osservatorio Anbi sulle risorse idriche. Ma a preoccupare, oltre alla situazione di altre regioni come Sicilia ed Emilia-Romagna, è anche la portata del fiume Po più che dimezzata rispetto alla media storica, ma ancora superiore alla scorsa annata.
Per la Fondazione Barilla, nel nostro Paese mancano all’appello 23,4 miliardi di metri cubi di acqua, una quantità pari al volume del lago di Como che è andata persa quest’anno per l’eccezionale carenza di piogge. Gli esperti l’hanno definita la più grave siccità degli ultimi 60 anni e nel prosieguo dell’estate la situazione non dovrebbe migliorare, mettendo ulteriormente in difficoltà i sistemi agroalimentari già in crisi.