23 Gennaio
politiche

Apicoltura: pubblicata la relazione triennale della Commissione europea

La produzione di miele dell’Unione europea nel complesso ha registrato un lento ma progressivo aumento, con variazioni annuali legate alle condizioni climatiche. Gli apicoltori però si trovano ad affrontare sfide sempre più ardue in termini di salute delle api e perdita di habitat per effetto dell’intensificazione agricola.

 

È il quadro tracciato dalla relazione triennale della Commissione europea – relativa al periodo 2013-2015 – sull’applicazione dei programmi nazionali per l’apicoltura.

Nei territori comunitari, rileva la relazione, sono presenti circa 16 milioni di alveari, concentrati principalmente in Spagna, Francia, Grecia, Romania e Italia.

 

Gli apicoltori sono circa 60mila, in diminuzione a causa del basso tasso di sostituzione di quanti lasciano il settore per motivi di età. Nel 2015 il 96% degli apicoltori gestiva meno di 150 alveari, soglia entro la quale un apiario è considerato “non professionale”.

 

L’Unione europea sostiene il settore dell’apicoltura a partire dal 1997, cofinanziando al 50% i programmi nazionali degli Stati membri. Il fattore chiave per l’assegnazione dei contributi (33 milioni di euro l’anno) alle singole nazioni è il numero di alveari presenti nel loro territorio.

Quando redigono i loro programmi, gli Stati membri consultano le organizzazioni di apicoltori e selezionano da un elenco di misure ammissibili le azioni che considerano più pertinenti.

 

Le misure che beneficiano dell’aiuto sono:

  • l’assistenza tecnica, che prevede l’organizzazione di corsi di base per i nuovi apicoltori e la formazione continua per gli apicoltori esperti e per i responsabili di associazioni e cooperative;
  • la lotta contro la varroasi, malattia causata da un acaro che indebolisce il sistema immunitario delle api e aumenta le infezioni secondarie da virus di cui possono essere affette;
  • la razionalizzazione della transumanza, che mira a fornire assistenza nella gestione dei movimenti degli alveari nel territorio dell’Unione e nella messa a disposizione di siti per gli apicoltori durante il periodo della fioritura;
  • l’analisi del miele, che consente agli apicoltori di garantire che il prodotto commercializzato presenti le caratteristiche fisico-chimiche previste dalla normativa comunitaria;
  • il ripopolamento del patrimonio apistico, misura che permette di compensare parzialmente le perdite di api e quindi di evitare cali di produzione, grazie al finanziamento di attività che favoriscono la produzione di regine o l’acquisto di pacchi di api;
  • la ricerca applicata, realizzata attraverso progetti per il miglioramento qualitativo del miele.

 

 

Le misure maggiormente utilizzate sono state: la lotta alla varroasi e l’assistenza tecnica, ciascuna delle quali ha rappresentato il 29% delle spese totali, seguite dalla razionalizzazione della transumanza (19%) e dal ripopolamento del patrimonio apistico (15%).

Con 250mila tonnellate l’anno, l’UE è il secondo produttore di miele al mondo dopo la Cina. Romania, Spagna, Ungheria, Germania e Italia sono i Paesi che producono le quantità maggiori.

 

La produzione comunitaria è largamente insufficiente a coprire il fabbisogno. Nel 2015, infatti, l’UE ha importato 200mila tonnellate, prevalentemente da Cina (100mila tonnellate), Messico e Ucraina. Decisamente più contenute le esportazioni, pari a 20mila tonnellate, destinate soprattutto ai mercati che richiedono miele di alta qualità in Svizzera, Arabia Saudita, Stati Uniti e Canada.

 

(© Osservatorio AGR)

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