26 Agosto
imprese & mercati

A picco il raccolto 2021 delle pere italiane

Si preannuncia un’altra campagna disastrosa per le pere italiane, con un vero e proprio tracollo del raccolto. Secondo quanto ha reso noto il World Apple and Pear Association (Wapa) in occasione della 46^ edizione di Prognosfruit, il tradizionale appuntamento estivo dedicato al settore delle pomacee, la perdita sfiorerà i due terzi della produzione 2020 (da 611.000 a 213.000 tonnellate).


“Le produzioni – afferma Giancarlo Minguzzi, presidente Fruitimprese Emilia Romagna – saranno scarsissime, di qualità non omogenea, anche in conseguenza dei danni da cimice asiatica. La varietà Abate Fetel, la regina delle pere italiane, subirà un taglio produttivo devastante, dal 70 all’80%, di conseguenza per quel poco prodotto che resterà i prezzi si prevedono alti, ma non tali da compensare il crollo della Plv per ettaro”.


La ideale classifica dei produttori, che tradizionalmente assegna all’Italia la leadership europea, attribuisce quest’anno le posizioni di testa a Paesi Bassi e Spagna, con volumi di 325.000 e 300.000 tonnellate, in calo rispettivamente del 19 e 2% sulla scorsa campagna. Il terzo posto va al Belgio con 295.000 tonnellate, inferiore del 25% ai livelli di un anno fa e anche in questo caso significativamente al di sotto del potenziale.


Le difficoltà che da tre anni condizionano pesantemente il raccolto di pere italiano hanno spinto i produttori a mettersi assieme per rilanciare la produzione e favorire i consumi. Il 29 luglio scorso, a Ferrara, si è infatti costituita UNAPera, società consortile a responsabilità limitata fra 25 imprese – 13 Organizzazioni di produttori e 12 non Op – che rappresentano oltre il 70% delle pere commercializzate sul mercato italiano nell’ultimo triennio e più del 55% dell’export nazionale di questo frutto.


Il progetto punta allo sviluppo della qualità su tutte le pere dei soci attraverso la definizione di standard comuni e un controllo collettivo che consenta un’immissione sul mercato gestita da UNAPera, mentre la vendita resterà in capo alle singole imprese socie. Una vera e propria rivoluzione organizzativa, che vuole incrementare la qualità dell’offerta, riconquistare i consumatori e tornare a dare redditività ai produttori.

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